Nosferatu (Robert Eggers, 2024)

Pubblicato il 26 gennaio 2025 alle ore 20:40

Ha ancora senso, nel 2024, riproporre al cinema una rivisitazione di Nosferatu? È la domanda che in molti si sono posti all’uscita del nuovo film di Robert Eggers, che in ogni sua pellicola si è dimostrato uno dei più grandi talenti registici del XXI secolo e che esordì, nel 2015, con The Witch, capolavoro del folk horror contemporaneo. In fondo, anche questo Nosferatu, che racconta la malsana ossessione che lega la giovane Ellen Hutter (Lily-Rose Depp) a un vampiro, il conte Orlock (Bill Skarsgård), è una sorta di folk horror, poiché la figura del vampiro, del non-morto, è profondamente legata al folklore e alle tradizioni popolari, oltre a costituire uno degli archetipi letterari maggiormente radicati e interiorizzati nell’inconscio collettivo, abietto e raccapricciante e, allo stesso tempo, figura erotica, affascinante, che scatena gli impulsi più nascosti.

Nella visione di Eggers, tuttavia, il vampiro viene privato di ogni dimensione romantica: Orlock è un essere dannato, un mostro ingannatore, dominato da una pulsione animalesca e manipolatoria nei confronti di Ellen, tale da non dare spazio ai sentimenti. La figura femminile, esattamente come in The Witch, è salvifica e, allo stesso tempo, minacciosa, manifestazione di una femminilità capace di mettere a rischio l’autorità maschile, incarnata dalle varie figure che si avvicendano nella narrazione, da Orlock, al marito Thomas (Nicholas Hoult), all’amico benestante (Aaron Taylor Johnson). Solo il dottore svizzero esperto di occulto Von Franz (Willem Dafoe) avrà coscienza del potere che Ellen è capace di esercitare su Orlock, e che è l’unica in grado di fermarlo.

I paragoni con il capolavoro di Murnau, pilastro del cinema horror espressionista, o con l’ottimo remake di Herzog, sono privi di senso: il film di Eggers, pur essendo, nella forma e nello stile, impregnato di estetica espressionista, vive di vita propria, grazie a una narrazione solida, interpretazioni ottime da parte dell’intero cast, e, soprattutto, un lato tecnico straordinario, dalla regia, al montaggio, alla splendida fotografia giocata sulle ombre e i chiaroscuri. Ogni inquadratura del film riesce ad essere sorprendente e suggestiva. Basterebbe la sequenza del primo incontro tra Thomas e Orlock, in cui il vampiro non viene mai inquadrato direttamente, ma è solo un’ombra che si muove, si proietta e si allunga sulle pareti avviluppando il malcapitato, a confermare la maestria di Eggers nel coniugare perfettamente l’elemento formale ed estetico con il contenuto narrativo e simbolico che vuole veicolare. O, ancora, le scene girate sul veliero in mare, o l’arrivo di Orlock a Wisborg, dove il male si materializza e diffonde come una vera e propria pestilenza.

In un’epoca in cui dominano remake e reboot privi di anima e di sostanza, Eggers ci propone una visione personale di una figura archetipica, espressione delle nostre paure e pulsioni più profonde, dunque sempre attuale, una visione che dà forza e spessore a una dimensione femminile conturbante che, come la Thomasin di The Witch, ci spaventa e ci affascina, senza cedere a nessuna semplificazione.

In conclusione, ha ancora senso, nel 2024, riproporre al cinema una rivisitazione di Nosferatu? La risposta è sì, se è un grande cineasta come Eggers a farlo.

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