Babygirl (Halina Reijn, 2024)

Il terzo film della regista olandese Halina Reijn è un thriller erotico che vede come protagonista Nicole Kidman e Antonio Banderas. La Kidman interpreta Romy Mathis, una CEO di successo, che, schiava di fantasie perverse e insoddisfatta della vita sessuale con l’amorevole marito Jacob (Antonio Banderas), inizia una torbida relazione con lo stagista Samuel (Harris Dickinson). La relazione, sempre più focosa e pericolosa, si trascinerà fino al risibile finale.

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Io sono ancora qui (Walter Salles, 2024)

Tratto dal libro di memorie di Marcelo Rubens Paiva (Sono ancora qui, La Nuova Frontiera, 2025), il film di Walter Salles racconta la storia del padre dell’autore, Rubens Paiva (Selton Mello), ingegnere, politico e attivista brasiliano desaparecido durante la dittatura militare negli anni 70. Il film si concentra in particolare sulla moglie, Eunice Facciolla (una splendida Fernanda Torres), e sulla sua decennale ricerca della verità sulla scomparsa di Rubens.

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Il mio giardino persiano (Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha, 2024)

In una Teheran che sembra avvolgere i suoi abitanti in un’immutabile quotidianità, Mahin, una donna settantenne rimasta vedova da decenni, conduce un’esistenza monotona e solitaria. I suoi giorni scorrono in una ripetizione incessante di piccoli rituali: preparare i pasti, prendersi cura delle sue piante, affrontare conversazioni telefoniche con un’amica ossessionata dalla salute e muoversi per la città in taxi per evitare di affaticare le ginocchia doloranti. La sua vita sembra aver perso colore, con la figlia lontana ormai da vent’anni e il senso di isolamento che si fa sempre più profondo.Tutto cambia dopo un pranzo con le amiche di vecchia data, quando un desiderio sopito riaffiora in lei. Un incontro casuale con Faramarz, un anziano tassista ed ex soldato, apre uno spiraglio nella sua routine. Anche lui è solo, segnato dagli anni e dalle esperienze passate. Tra i due nasce un’intesa fatta di piccoli gesti e di una timida complicità che, pur rimanendo discreta, assume una dimensione rivoluzionaria nel contesto in cui si trovano a vivere.Come accade in altri film iraniani recenti, come La testimone e Il seme del fico sacro, anche Il mio giardino persiano mette in scena il mondo femminile e la sua silenziosa ribellione contro le restrizioni imposte dalla società. I registi e sceneggiatori scelgono di non adottare un tono apertamente politico, ma fanno emergere il peso della repressione attraverso la storia di Mahin e il suo desiderio di riscatto. Se la trama amorosa può sembrare convenzionale, la forza del film sta nel contesto sociale che permea ogni scena, rendendo tangibile la costante tensione tra desiderio di libertà e imposizioni culturali.

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M - Il figlio del secolo (Joe Wright, 2024)

“C’è sempre un tempo in cui i popoli smarriti van verso le idee semplici, la sapiente brutalità degli uomini forti. In noi trovano lo sfogo dai loro rancori, l’evasione dal senso mortificante della loro impotenza, la speranza, come per miracolo, di capovolgere il loro insoddisfacente destino. Bastano le parole giuste, parole semplici, dirette, gli sguardi, il tono giusto. E allora ci amate, ci venerate. Mi avete amato follemente. Per vent’anni mi avete adorato, temuto come una divinità. E poi mi avete odiato, follemente odiato perché mi amavate ancora. Mi avete ridicolizzato, scempiato i miei resti perché di quel folle amore avevate paura, anche da morto. Ma, ditemi, a cosa è servito? Guardatevi attorno. Siamo ancora tra voi!”

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Companion (Drew Hancock, 2025)

In un futuro non troppo lontano, dove i robot sono praticamente indistinguibili dagli umani e le auto si guidano autonomamente, Iris (Sophie Thatcher) e Josh (Jack Quaid) sono una coppia felice e appagata. Come scopriamo fin dalle prime immagini, si sono conosciuti al supermercato e, come in una tipica commedia romantica hollywoodiana, si sono innamorati al primo sguardo. I due si stanno dirigendo a casa di amici, una lussuosa residenza in riva al lago che appartiene al ricco e viscido russo Sergey (Rupert Friend). L’uomo mette subito gli occhi sulla bella e remissiva Iris, ma, quando prova ad aggredirla, la situazione precipita e si scoprirà, attraverso una serie di colpi di scena uno più risibile e scontato dell’altro, che niente è come sembra.

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A complete unknown (James Mangold, 2024)

Dopo l’intenso Walk the line (2005), splendido e dolente biopic sulla vita di Johnny Cash e su sul burrascoso rapporto con June Carter, James Mangold ha deciso di cimentarsi con uno dei più grandi artisti e poeti contemporanei, l’unico cantautore ad aver vinto il premio Nobel, ovvero Bob Dylan.

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From (Stagione 3, 2024)

La terza stagione di "From" rappresenta un punto critico per la serie, evidenziando un declino qualitativo rispetto alle precedenti stagioni. Inizialmente acclamata come l'erede di Lost, condivide con essa non solo l'attore Harold Perrineau nel ruolo dello sceriffo Boyd, ma anche una struttura narrativa basata sull'accumulo di misteri. Tuttavia, mentre Lost riusciva a bilanciare enigmi e sviluppo dei personaggi, From sembra perdersi in una proliferazione di sottotrame e personaggi, dedicando a ciascuno solo pochi minuti per episodio, impedendo così un approfondimento adeguato delle storie.

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Here (Zemeckis, 2024)

Here, l’ultimo lavoro di Robert Zemeckis, è un’opera ambiziosa e profondamente zemeckesiana, un film che rappresenta il culmine della carriera di un regista che ha sempre cercato di spingere il mezzo cinematografico oltre i suoi limiti. Tratto dall’omonima graphic novel, Here è un esperimento tecnico ed emotivo senza precedenti: un’inquadratura fissa che attraversa milioni di anni, trasformando uno spazio fisico in un archivio di esperienze umane universali.

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Emilia Pérez (Jacques Audiard, 2024)

Grande ritorno del regista francese Jacques Audiard, autore, tra gli altri, del capolavoro Sulle mie labbra e dello splendido Il profeta, film di ambiente carcerario crudo e realistico, che ci regala un musical atipico vincitore del Premio della Giuria a Cannes, ma pesantemente criticato negli ultimi mesi per una rappresentazione apparentemente stereotipata del Messico, delle sue tradizioni e dei suoi abitanti. Come succede sempre più di frequente ultimamente (si pensi a Nosferatu di Eggers, a Trap di Shyamalan o a Megalopolis di Coppola, solo per citare alcuni dei migliori film del 2024), sembra che coloro che si esprimono in toni così distruttivi non abbiano visto il film o siano rimasti soltanto alla superficie.

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Nosferatu (Robert Eggers, 2024)

Ha ancora senso, nel 2024, riproporre al cinema una rivisitazione di Nosferatu? È la domanda che in molti si sono posti all’uscita del nuovo film di Robert Eggers, che in ogni sua pellicola si è dimostrato uno dei più grandi talenti registici del XXI secolo e che esordì, nel 2015, con The Witch, capolavoro del folk horror contemporaneo. In fondo, anche questo Nosferatu, che racconta la malsana ossessione che lega la giovane Ellen Hutter (Lily-Rose Depp) a un vampiro, il conte Orlock (Bill Skarsgård), è una sorta di folk horror, poiché la figura del vampiro, del non-morto, è profondamente legata al folklore e alle tradizioni popolari, oltre a costituire uno degli archetipi letterari maggiormente radicati e interiorizzati nell’inconscio collettivo, abietto e raccapricciante e, allo stesso tempo, figura erotica, affascinante, che scatena gli impulsi più nascosti.

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Luce (Luca Bellino, Silvia Luzi, 2024)

Luce (2024) è il nuovo film diretto da Silvia Luzi e Luca Bellino, fondatori della Tfilm, una casa di produzione indipendente nata nel 2012 e caratterizzata da opere di forte impegno politico e sociale. Il loro sodalizio artistico ha avuto inizio con documentari come La minaccia (2007) e Dell’arte della guerra (2012), per poi evolversi verso la narrazione di storie di finzione sempre legate a tematiche attuali e rilevanti. Dopo Il cratere (2017), il loro primo lungometraggio di finzione che esplora un rapporto padre-figlia dominato da dinamiche disfunzionali, i due registi proseguono con Luce, portando avanti un’indagine sulle relazioni spezzate. Se Il cratere rappresentava il vuoto e la distanza tra i protagonisti, in Luce quel legame è ormai completamente spezzato: il rapporto tra padre e figlia è solo un ricordo.

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Conclave (Edward Berger, 2024)

Dopo l’adattamento del 2022 di Niente di nuovo sul fronte occidentale, premio Oscar come miglior film straniero, il regista, sceneggiatore e produttore austriaco Edward Berger dirige un’altra opera che mette al centro un conflitto, una guerra in seno al vaticano per l’elezione di un nuovo pontefice. Il cardinale e decano Thomas Lawrence, interpretato da Ralph Fiennes, è colui che ha l’incarico di dirigere il conclave: i quattro candidati favoriti sono Aldo Bellini (Stanley Tucci), l’erede più naturale del defunto Papa in quanto maggiormente in linea con le sue idee liberali, il conservatore Joseph Tremblay (John Lithgow), Joshua Adeyemi (Lucian Msamati), un conservatore ancor più tradizionalista e, infine, Goffredo Tedesco (Sergio Castellitto), di idee reazionarie ai limiti del fanatismo. A costoro si aggiungerà, a sorpresa, il giovane missionario Vincent Benitez, arcivescovo di Kabul, destinato a influenzare i delicati equilibri del consesso e sulle certezze stesse del protagonista.

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