Babygirl (Halina Reijn, 2024)

Pubblicato il 25 febbraio 2025 alle ore 17:44

Il terzo film della regista olandese Halina Reijn è un thriller erotico che vede come protagonista Nicole Kidman e Antonio Banderas. La Kidman interpreta Romy Mathis, una CEO di successo, che, schiava di fantasie perverse e insoddisfatta della vita sessuale con l’amorevole marito Jacob (Antonio Banderas), inizia una torbida relazione con lo stagista Samuel (Harris Dickinson). La relazione, sempre più focosa e pericolosa, si trascinerà fino al risibile finale.

Babygirl è un lungometraggio che ha tanti difetti e pochissimi pregi. Il pregio principale è sicuramente l’interpretazione di Nicole Kidman, che riesce a risultare sempre convincente anche quando il presunto erotismo sfocia nel ridicolo. Il secondo pregio, o meglio, potenziale pregio, è uno dei temi che il film prova ad affrontare, ovvero le dinamiche di potere all’interno dell’azienda della protagonista. Difatti, Romy, in quanto donna di potere, in fin dei conti lo esercita in maniera manipolatoria per ottenere i suoi fini, ovvero la soddisfazione sessuale, senza preoccuparsi delle conseguenze delle sue azioni e totalmente disinteressata a favorire la carriera di altre donne in azienda, come invece racconta di voler fare. Il film vuole quindi suggerirci che una donna in posizione di potere si comporta in maniera non dissimile da un uomo nello stesso ruolo, come a voler dire che nel momento in cui si raggiunge una certa posizione, le differenze di genere si annullano, ma in senso negativo. Questo è sicuramente l’aspetto più intrigante del film, che, per il resto, si configura come un filmetto erotico molto soft da pomeriggio di Canale 5.

Difatti, il problema più evidente del film della Reijn sta proprio nelle premesse di partenza, ovvero nelle fantasie (a quanto pare) estreme e “oscure” (come lei stessa le definisce) che sconvolgono la mente della protagonista, che la costringono a rifugiarsi in camere d’albergo fatiscenti per incontrarsi fortuitamente con il giovane amante, insopportabile quanto inespressivo. Le fantasie perverse e di sottomissione, che il marito, almeno per un’ora e quarantacinque minuti di film, non è capace di soddisfare poiché cieco ai bisogni sessuali della moglie, sono francamente risibili, talmente banali che il senso di colpa che attanaglia Romy risulta totalmente insensato. Non c’è niente di estremo, eccitante o sconvolgente nelle scene di sesso patinate che la regista ci propone, sembra piuttosto di assistere alla pubblicità di un profumo. Sembra che film coraggiosi come Secretary, che racconta il rapporto di dominazione-sottomissione in maniera molto più intelligente e brillante, o anche il dignitoso Unfaithful (non cito Eyes Wide Shut solo per misericordia…) non siano mai esistiti. Un film che vuole raccontare le fantasie erotiche di una donna di successo, ma costretta a reprimere i suoi istinti, deve necessariamente andare ben oltre qualche gemito, scene di masturbazione o lei a quattro zampe che beve latte da una ciotola, ma deve scuotere, disturbare, sconvolgere, soprattutto se, come in questo caso, si hanno chiare pretese autoriali.

Comunque, i problemi di sceneggiatura non si fermano qui: la dinamica tra i due protagonisti, infatti e la costruzione del loro rapporto vengono messe in scena in maniera affrettata e inverosimile, e il marito interpretato dal bravo Banderas risulta in fin dei conti molto più carismatico ed erotico del povero toy boy, che è privo di qualsivoglia appeal. Tutto questo rende l’interesse dello spettatore per le paturnie di questa riccona (già di per sé abbastanza complicato da suscitare) praticamente nullo.

Inoltre, c’è un ultimo aspetto francamente fastidioso, ovvero la morale conservatrice che attraversa tutto il film, che si configura come un’accettazione tacita del senso di colpa che tormenta la protagonista per via delle sue fantasie sessuali (fantasie da adolescente, non dimentichiamolo), come se, nel 2025, il fatto di avere gusti sessuali che deviino dalle convenzioni sia un peccato di cui vergognarsi e non dei pensieri da condividere con il partner. Quando, poi, Rory finalmente rivelerà le sue terribili e sordide perversioni al marito e lui l’accontenterà (in una scena erotica estrema che più che un porno ricorda una puntata di Peppa Pig), la domanda che corre per la sala non può che essere: ma perché non glielo ha chiesto prima? Ci avrebbe fatto risparmiare due ore.

In conclusione, Babygirl avrebbe potuto essere un dramma erotico disturbante che raccontava le dinamiche di potere nella società contemporanea, la libertà sessuale e le costrizioni sociali, avrebbe potuto essere, ma non lo è, poiché il tutto si risolve in un irritante e bidimensionale filmetto erotico da oratorio, superficiale come una copertina plastificata di Vogue.

Aggiungi commento

Commenti

Non ci sono ancora commenti.

Crea il tuo sito web con Webador